Storie dalla Caritas – I corridoi umanitari

Yacine ha appena finito l’esame di terza media. È andato bene, ma non perde tempo: ora lavora come aiuto-cuoco in un ristorante della riviera riminese. Parla italiano fluente, forse avvantaggiato che nel suo paese – la Repubblica Centroafricana – si parla francese. Ha una bandana in testa, un sorriso contagioso, ma all’inizio è timido nel raccontarsi. 

“Sono scappato dal mio paese nel 2019, a causa della guerra. Sono arrivato in Niger e sono stato accolto in un campo per rifugiati. Eravamo in tanti, più di 500, di cui pochissimi dal mio paese. Sono scappato da solo, i miei genitori non ci sono più. È lì che ho conosciuto la possibilità dei Corridoi Umanitari. Ho fatto dei colloqui con Caritas Italiana, e sono arrivato a Rimini a fine giugno 2021”. 

 

Yacine è nato nel 1999, ha 21 anni e fin dal suo arrivo ha dimostrato di volersi integrare qui.

“Non conoscevo l’Italia prima, non ho scelto dove andare. Volevo solo scappare. Quando mi hanno informato che sarei arrivato qui, ho cercato Rimini su Google, mi è subito piaciuta. Sto bene, forse studierò ancora. Vorrei specializzarmi, sono giovane”. 

 

È nato a Carnot, un piccolo paese vicino al confine con il Camerun, ma a 10 anni si è spostato a Bangui, la capitale.

“Mio fratello ha 14 anni, ed è ancora lì. Lavoro per permettergli di vivere, ma vorrei portarlo qui con me”.

 

La Caritas di Rimini lo ha accolto alla Laudato Sii, in via Isotta degli Atti, dove c’è anche l’ufficio del settore Immigrazione della Caritas Diocesana. Gabriele, operatore, conferma che “Yacine è veramente in gamba. In tre mesi ha imparato la lingua. Gli auguro di trovare la propria strada”. 

 

La cosa più difficile è creare una rete di amici, di attività, di relazioni. Yacine gioca a calcio e ogni tanto si ritrova con qualche amico per una partita. Ma come comunità riminese è importante essere sensibili a questo tema: anche solo un saluto può fare la differenza!

 

I Corridoi Umanitari nascono dalla collaborazione tra istituzioni – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ministero dell’Interno – e società civile – nello specifico Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese. Si tratta di un programma di trasferimento e integrazione in Italia rivolto principalmente a migranti in condizione di particolare vulnerabilità: donne sole con bambini, vittime del traffico di essere umani, anziani, persone con disabilità o con patologie.

Caritas Italiana si è occupata nel tempo dell’accoglienza dei beneficiari al loro arrivo in Italia, garantendo alloggio e assistenza economica per il periodo di tempo necessario all’espletamento dell’iter della richiesta di protezione internazionale. 

Il progetto è stato commentato da Papa Francesco:

“Guardo con ammirazione all’iniziativa dei corridoi umanitari (…) sono la goccia che cambierà il mare”.

Ad oggi sono due i ragazzi accolti a Rimini attraverso i Corridoi Umanitari, centinaia invece in tutta Italia. “È un gesto di tanta umanità – dice il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI – frutto di solidarietà della quale ringrazio tanto, ma è anche un appello forte alla responsabilità politica, culturale e sociale di tutti verso il cammino dei migranti”.

Proviamo ad esserci, vogliamo esserci. È questo lo spirito guida della Caritas: riempire la distanza sociale con l’umanità, curare la solitudine costruendo umanità.

Storie dalla Caritas – Emporio Solidale

Il portamento di Pierangelo è fiero, bello dritto sulla schiena e nella luce dei suoi occhi. Si sostiene su un bastone da passeggio. 

Spero di aver lasciato qualcosa di simpatico, di bello. Mi sentivo un po’ emarginato, visto quello che mi era capitato. L’emporio, oggi, è diventato la mia famiglia

Si sa, parlare di sé è difficile e, in certi casi, anche scomodo. Soprattutto se ci si trova in un momento di disagio.

È difficile ammetterlo, accettarlo, reagire. Eppure capita a tutti di avere bisogno di un aiuto.

Così di fianco a Piero c’è Patrizia. Racconta che all’Emporio Solidale è di casa. Lì ha ritrovato tante persone pronte a condividere storie di vita, consigli, idee.

Cose che danno di nuovo un nome al suo volto. 

L’Emporio di Rimini è un luogo d’incontro, di scambio, di pianti ma per lo più sorrisi.

Incontrare la fragilità, la povertà delle persone non è facile, richiede un’empatia che a Miranda è universalmente riconosciuta.

Sarà lo sguardo, la gentilezza, la voce calda, o il fatto che sia la prima a raccontare di sé, mettendo gli ospiti nella posizione di potersi aprire. Significa abbattere un muro.

In una parola, accogliere.

Pierangelo è una persona di quelle che ti tirano su il morale con quattro parole. Che hanno inciampato, ma con la voglia di fare una capriola e ritrovarsi in piedi.

Sono venuto qui oggi per raccontarvi di me, non lo avrei fatto se non fossi affezionato a questo posto, alle persone che ritrovo ogni volta che passo”.

Patrizia ci racconta che per lei l’Emporio è stata una sorpresa:

Non è ricevere il solito pacco alimentare, ma si viene accolti in maniera molto calda e soprattutto si viene ascoltati.

Quando vengo a fare la spesa sono contenta, perché mi riconoscono.

Chiedere aiuto non è così semplice, qui invece è come essere al supermercato.

Sentirsi chiamati, riconosciuti, voluti bene, troppo spesso, è quello che manca.

Quando si vive un momento di fragilità è facile pensare di non avere nessuno, si entra nel tunnel della solitudine, ci si sente insignificanti per il mondo. 

In posti come l’Emporio l’errore più grande è quello di definire dei ruoli: responsabile, volontario, utente, donatori.

Chiunque varca la soglia del negozio porta qualcosa di prezioso, indipendentemente dai propri bisogni. 

Uberto, pensionato, dice che nella vita ha dedicato troppo tempo al lavoro, ora si dedica agli altri, e probabilmente anche a sé stesso, colmando quel vuoto lasciato da scelte fatte in passato, che forse, con il senno di poi, sarebbero state diverse. 

Paola è memoria storica dello spazio: volontaria dal 2016, sempre sorridente, piena di energia. La cosa più bella dell’Emporio, secondo lei, è lo spazio giochi per i bambini.

Le mamme e i papà che vengono a fare la spesa con i figli, possono lasciarli giocare all’ingresso, e io passo volentieri del tempo con loro.

Credo sia un modo bello per rispondere alla necessità di fare acquisti in serenità, e al contempo per i bambini di sentirsi in uno spazio accogliente. Mi sento bene quando gioco, mi fa sentire viva.” 

Ognuno di loro fa parte del mio cuoreconclude sorridendo Patrizia, prima di andarsene.

Anche tu fai parte del loro cuore, Patrizia, questo è sicuro.

 

 

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Storie dalla Caritas – La locanda 3 angeli

locanda tre angeòo caritas rimini

Nella sala per le colazioni c’è sempre musica. Battisti, Dalla, Guccini, suonano dal cellulare di Mario, che è intento a preparare latte, caffè e biscotti per i “ragazzi”, come li chiama lui. 

La musica mette di buon umore, riempie quel vuoto che ogni mattina potrebbe prevalere in una grande sala d’albergo frequentata a turno da persone che hanno sofferto tanto nella vita, ma che provano a rialzarsi. 

Gli ospiti della Locanda 3 Angeli sono 25, in maggioranza uomini e di mezza età. Qui trovano riparo da Novembre a Maggio, per affrontare i mesi più freddi e difficili dell’anno con un tetto sopra la testa.

È il secondo anno di attività per la Locanda, un albergo sul lungomare di Torre Pedrera che la famiglia Angeli ha voluto locare alla Caritas, per contrastare l’estrema povertà di chi non può permettersi un alloggio. 

Quando dormi fuori, in strada, che passa la gente e ti guarda un po’ di traverso, lo so, non è bello” dice Cristiano. “Qui almeno si riesce a vivere una vita normale”. 

Si condividono momenti di vita quotidiana, difficoltà, storie di vita. Insieme si fa fronte a quei processi complessi che la vita richiede ma che senza una rete non è semplice compiere. Lo SPID, l’ISEE, la Carta d’Identità Elettronica, … Ognuno aiuta come può. 

Le stanze hanno il bagno e la tv in camera, non mancano gli spazi comuni e nemmeno il WI-FI libero. Serve questo per ridare dignità. È giusto così. 

Alcuni, in Locanda, rimangono dei mesi, o degli anni. Altri solo qualche settimana. 

Wilma, la responsabile, racconta di un’assistente familiare che aveva perso il lavoro e si era trovata in mezzo alla strada. Dopo qualche giorno finalmente ritrova il sorriso.

Ho trovato una famiglia che ha bisogno di me” dice. “Domani passano a prendermi. Posso chiederti un favore? Mi vergogno a dire che sono ospite della Caritas. Puoi fare finta che questo sia un albergo normale?

Il giorno dopo Wilma ha fatto chiamare Natalia dalla Reception, le chiede la chiave della stanza, la aiuta a caricare i bagagli.

Sono queste le storie più belle. Non ho fatto niente di speciale, ma per lei è stato davvero significativo”.

La vera povertà è la solitudine, chi viene in Locanda spesso non ha una rete solida di persone sulle quali contare. E la vita esclude chi è solo. 

Dare un riparo a chi non ce l’ha è ridare fiducia alle persone, dare una nuova possibilità di riscatto. 

Incontrare la marginalità è come farsi una doccia fredda nella realtà della vita. Nessuno può meritarsi di non avere un alloggio. 

Mario, uno dei referenti, ogni mattina quando è bel tempo si fa una passeggiata al mare. Cammina 200 metri in avanti e si trova sulla spiaggia e quando il sole è alto apre un libro, si siede e legge. Poi torna alla locanda.

La gente è buona” racconta. “Spesso vado al bar, o al forno, appena dico che voglio prendere qualcosa per chi non ha nulla mi regalano vassoi pieni di cibo. I vicini ci salutano sempre. Certo, a volte i ragazzi trovano da dire, ma è normale no?”.

Abbiamo fatto Capodanno insieme. Una cena di pesce, c’erano tutti. È stato un momento di grande umanità. Il ricordo più bello che ho della locanda è proprio la normalità di quella serata, la voglia di stare insieme, di festeggiare. Penso che i ragazzi se lo meritino.” conclude Cristiano. 


40 anni insieme ai poveri

40 anni di Caritas: la narrazione di un incontro

Un libro, una storia. Un libro, tante storie, volti, sguardi, sorrisi, lacrime, gioie, fatiche. Un libro che traspira emozioni e soddisfazioni, angosce e sofferenze, incontri e relazioni; arrabbiature e contrasti. Dall’ascolto alla progettazione e costruzione di risposte concrete ai tanti bisogni, sussurrati, urlati. Un libro, una eredità. Per me, il passaggio del testimone. La narrazione della storia che ci ha portato ad oggi e delle persone che l’hanno realizzata. Memoria da non dimenticare. Persone, storie, fotografie, le pagine di questo volume rivelano un’umanità e un’attenzione al prossimo uniche, un vero esempio di Chiesa. Vorrei soffermarmi su chi manca, e non sono solo coloro che ci hanno lasciato per abbracciarsi al Padre, ma sui tanti volontari ed operatori dei quali non compare il nome e, soprattutto, sulle migliaia di persone che si sono rivolte alla Caritas in cerca di aiuto. La Caritas siamo tutti, dal più timido dei volontari al più rompiscatole che bussa alla nostra porta.

Mario Galasso
Direttore Caritas Diocesana Rimini

POVERI GIOVANI!

Ricerca sulla situazione della popolazione giovanile a Rimini

Poveri giovani, che futuro vi stiamo lasciando. Poveri giovani, che ambiente vi stiamo donando. Poveri giovani, che società vi stiamo mostrando. Poveri giovani, che valori vi stiamo trasmettendo. Poveri giovani, che esempio vi stiamo offrendo…

Eppure…

Eppure il futuro è nelle vostre mani o, per lo meno, questo è quello che a noi adulti piace affermare e farvi credere. Ma voi siete molto più intelligenti di noi, fate finta di crederci e, mentre aspettate il vostro vero turno, riempite il tempo tra social, divano, musica e bisogno di gridare al mondo che esistete. Avete bisogno di vita vera, di esperienze vere, di incontri veri, di lavoro vero, di tornare a sognare ma, proprio noi, vostri genitori o nonni, ve li neghiamo o offriamo in versione light.

PoveriGiovani.pdf

  • Mario Galasso
  • Direttore Caritas Diocesana Rimini

PERCHE’ DORMI? ALZATI E VAI…

EVANGELIZZAZIONE E MISSIONE NEL LIBRO DI GIONA

Piccolo e simpatico. Gradevole e urticante. Capace perfino di di­vertire, e oltremodo adatto a convertire. E’ il libro di Giona. Un libro breve, originalissimo e quanto mai attuale. E’ stato inserito nella serie dei libri pro­fetici dell’Antico Testamento, ma in realtà il suo genere letterario è quello di un raccontino umoristico e stuzzicante. Vi si narra la ‘storia’ di un profeta di nome Giona – che letteralmente significa ‘colomba’ – ma in effetti è un ‘falco’ della specie più agguerrita. Il nostro eroe si presenta come un ‘fedele… in­fedele’: dapprima ricalcitra e prova a sottrarsi alla missione che Dio gli affida, e poi fa le lagne con il ‘suo’ Signore per il successo inatteso della propria predicazione. Tutti i personaggi in scena risultano simpatici: i marinai pagani del naufragio, il re e gli abitanti dell’odiata città di Ninive. E perfino gli anima­li! Tutti personaggi piacevoli, tranne lui, il protagonista di questa intrigante avventura, l’unico Israelita del racconto – ed è un profeta, un ‘porta-voce’ di Dio – Giona! Dio sarà indulgente con il suo messaggero ostinato e ribelle. Ma il messaggio del libro è e resta lampante: la misericordia del Signore è ‘viscerale’ e si estende perfino ai più vituperati nemici di Israele: i pagani.

Le pagine di questo libretto ci aiutano a pregare e ci stimolano a ‘convertire’ la nostra immagine di Dio. Il quale, certo, non sfonda la porta del nostro cuore, non entra a gamba tesa, ma aspetta fuori e bussa. E ribussa, per farsi aprire.

+ Francesco Lambiasi

Vescovo di Rimini

 

DIECI SCHEDE PER LEGGERE GIONA

Più che un libro storico quello di Giona è un racconto didattico: quarantotto versetti raccolti in quattro capitoletti attraverso i quali l’autore vuole trasmettere un insegnamento.

Scritto probabilmente nel quinto secolo prima di Cristo, dopo l’esilio, quando la comunità ebraica correva il rischio di chiudersi al proprio interno, il testo profetico ricorda che la salvezza offerta da Dio è universale: Israele, rappresentato da Giona, deve accogliere ed aiutare anche i popoli pagani a credere. Dio dona a tutti amore e gioia, a tutti i popoli indica la strada della liberazione e della vera pace.

NATALE: tradizioni dai paesi degli immigrati

Nella prima parte una trentina di immigrati raccontano le tradizioni natalizie vissute nei loro paesi.

Nella seconda parte è presentata la storia di una ventina di Madonne venerate nelle varie nazioni.

Infine tante riproduzioni di Natività presenti nella Mostra  “Presepi dal Mondo” allestita tutti gli anni a Rimini nel mese di dicembre.

104 pagine con un centinaio di immagini a colori