Il portamento di Pierangelo è fiero, bello dritto sulla schiena e nella luce dei suoi occhi. Si sostiene su un bastone da passeggio.
“Spero di aver lasciato qualcosa di simpatico, di bello. Mi sentivo un po’ emarginato, visto quello che mi era capitato. L’emporio, oggi, è diventato la mia famiglia”.
Si sa, parlare di sé è difficile e, in certi casi, anche scomodo. Soprattutto se ci si trova in un momento di disagio.
È difficile ammetterlo, accettarlo, reagire. Eppure capita a tutti di avere bisogno di un aiuto.
Così di fianco a Piero c’è Patrizia. Racconta che all’Emporio Solidale è di casa. Lì ha ritrovato tante persone pronte a condividere storie di vita, consigli, idee.
Cose che danno di nuovo un nome al suo volto.
L’Emporio di Rimini è un luogo d’incontro, di scambio, di pianti ma per lo più sorrisi.
Incontrare la fragilità, la povertà delle persone non è facile, richiede un’empatia che a Miranda è universalmente riconosciuta.
Sarà lo sguardo, la gentilezza, la voce calda, o il fatto che sia la prima a raccontare di sé, mettendo gli ospiti nella posizione di potersi aprire. Significa abbattere un muro.
In una parola, accogliere.
Pierangelo è una persona di quelle che ti tirano su il morale con quattro parole. Che hanno inciampato, ma con la voglia di fare una capriola e ritrovarsi in piedi.
“Sono venuto qui oggi per raccontarvi di me, non lo avrei fatto se non fossi affezionato a questo posto, alle persone che ritrovo ogni volta che passo”.
Patrizia ci racconta che per lei l’Emporio è stata una sorpresa:
“Non è ricevere il solito pacco alimentare, ma si viene accolti in maniera molto calda e soprattutto si viene ascoltati.
Quando vengo a fare la spesa sono contenta, perché mi riconoscono.
Chiedere aiuto non è così semplice, qui invece è come essere al supermercato.”
Sentirsi chiamati, riconosciuti, voluti bene, troppo spesso, è quello che manca.
Quando si vive un momento di fragilità è facile pensare di non avere nessuno, si entra nel tunnel della solitudine, ci si sente insignificanti per il mondo.
In posti come l’Emporio l’errore più grande è quello di definire dei ruoli: responsabile, volontario, utente, donatori.
Chiunque varca la soglia del negozio porta qualcosa di prezioso, indipendentemente dai propri bisogni.
Uberto, pensionato, dice che nella vita ha dedicato troppo tempo al lavoro, ora si dedica agli altri, e probabilmente anche a sé stesso, colmando quel vuoto lasciato da scelte fatte in passato, che forse, con il senno di poi, sarebbero state diverse.
Paola è memoria storica dello spazio: volontaria dal 2016, sempre sorridente, piena di energia. La cosa più bella dell’Emporio, secondo lei, è lo spazio giochi per i bambini.
“Le mamme e i papà che vengono a fare la spesa con i figli, possono lasciarli giocare all’ingresso, e io passo volentieri del tempo con loro.
Credo sia un modo bello per rispondere alla necessità di fare acquisti in serenità, e al contempo per i bambini di sentirsi in uno spazio accogliente. Mi sento bene quando gioco, mi fa sentire viva.”
“Ognuno di loro fa parte del mio cuore” conclude sorridendo Patrizia, prima di andarsene.
Anche tu fai parte del loro cuore, Patrizia, questo è sicuro.
Altre storie dalla Caritas?
Le trovi nella Home!
Hai mai visitato la nostra Pagina Facebook?